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MUSEO DEL COSTUME E DEGLI ORI ARBËRESHË
Ospitato all’interno del Palazzo Cumano, nel centro storico di Vaccarizzo Albanese, il Museo fu ideato nel 1984 dall’amministrazione comunale di allora e dal papas Giuseppe Faraco, come “Mostra permanente del Costume Arbëresh”.
Il Palazzo fu costruito nel 1764 da Salvatore Cumano come sua residenza. Fu distrutto da un incendio nel 1799 su ordine dei Borboni, che vollero così vendicarsi dei gesti rivoluzionari del Cumano, per ristabilire l’ordine monarchico. Una leggenda vuole che egli, pugnalato nel suo letto, abbia lasciato l’impronta della sua mano insanguinata sulle pareti; un’impronta che sarebbe ancora visibile nonostante il passare dei secoli.
Furono i nipoti, Alessandro e Domenico, tornati a Vaccarizzo, a ricostruire l’edificio nel 1855. All’ingresso del Palazzo vi è infatti un’epigrafe dedicata ad Alessandro Cumano.
Dal 1908 al 1984 una parte del palazzo, di proprietà comunale, fu sede municipale.
In seguito, fu destinata ad ospitare la Mostra Permanente del Costume Arbëresh.
La Mostra è strettamente legata alla Rassegna della Cultura e del Costume Arbëreshë, ai suoi esordi pensata come Sagra del Costume, che si tiene ogni anno in agosto e nel 2023 è giunta alla sua 40° edizione. Un evento di promozione e di valorizzazione del patrimonio culturale arbëresh, che vede giungere a Vaccarizzo delegazioni provenienti da molti paesi, e che prevede convegni, balli e canti tradizionali, degustazioni di prodotti tipici, oltre ovviamente alle sfilate dei costumi di diverse comunità arbëreshë.
Il Museo ospita una consistente esposizione di abiti originali, suddivisi per ambito territoriale, provenienti non solo da Vaccarizzo e da altre comunità arbëreshë della Calabria, ma anche da Piana degli Albanesi, in Sicilia, e dall’Albania.
Il Museo espone, inoltre, una mostra fotografica, su pannelli, degli Ori Arbëreshë: gli elaborati monili posseduti da famiglie del posto che impreziosivano gli abiti nuziali. Questa sezione al momento non è visitabile.
All’ingresso, al primo piano, sono esposte una serie di fotografie storiche del paese, bambole in costume tradizionale, tra cui due che indossano il costume albanese, femminile e maschile, donate dalla moglie del Presidente albanese, in occasione di una sua visita al Museo, e una serie di piatti in vetro decorati, donati dall’artista Fenisia De Roses.
La prima sala è dedicata interamente ai costumi di Vaccarizzo Albanese.
Il più ricco ed elaborato è ovviamente l’abito nuziale. Gli elementi che costituivano l’abito nuziale erano: il copricapo, detto keza, che copriva una parte dei capelli intrecciati e raccolti in uno chignon; la pandera, una sottile cintura con chiusura di forma rettangolare. Entrambi ricamati in fili d’oro o d’argento, erano i simboli distintivi della donna sposata. Il velo (tuvala ari o tuvala treni), tessuto con fili d’oro intrecciati o in tulle rosso e ricami in oro. La camicia lunga di lino o cotone (linja), con lo scollo ornato da un merletto inamidato, in tulle o lavorato all’uncinetto. Un copripetto di cotone bianco, ricamato a motivi floreali (petila). Una giacchettina in seta aperta sul davanti, dello stesso colore della sopragonna, con le maniche ricamate da motivi floreali e polsi, bordi e spalle ornati da galloni d’oro (xhipuni llastri o llambadhor). La gonna a pieghe fitte, in raso di seta laminata in oro e con la balza anch’essa in oro, solitamente di colore amaranto o rosso, decorata con ricami raffiguranti fiori o uccelli (sutana razi). Una sopragonna in seta laminata in oro, bordata da una balza in oro, di colore rosa (colore predominante nella tradizione di Vaccarizzo), verde, azzurro o viola (coha llastri o llambadhor), che veniva sollevata sul davanti e fissata dietro, consentendo così di vedere anche la gonna sottostante. In altri paesi (Firmo, Lungro, Acquaformosa) la gonna superiore viene ripiegata a forma di conchiglia e poggiata sul braccio.
La balza in oro era indicativa del ceto sociale di appartenenza: se era alta, si trattava di una famiglia abbiente; se invece era stretta, la famiglia era povera.
Completavano l’abbigliamento le calze (kollocjetët) di cotone bianco lavorate ai ferri e le scarpe (këpucët), dello stesso tessuto e colore della sopragonna, ricamate anch’esse con fili d’oro.
La vestizione della sposa era un vero proprio rito, con una cerimonia di canti e balli che coinvolgeva tutto il paese.
L’abito nuziale, che faceva parte della dote di ogni ragazza, dopo il matrimonio diventava l’abito di gala, indossato nelle ricorrenze più importanti.
Il giorno del funerale del marito, la donna indossava il vestito nuziale; dal giorno successivo iniziava a portare quello da lutto. Ed era uso vestire, infine, la salma con l’abito da sposa.
Nella sezione degli abiti di Vaccarizzo troviamo poi il vestito da gala e quello da mezza festa (usato per le occasioni meno importanti), una riproduzione artefatta del costume maschile, un abito da festa, due abiti giornalieri (in questi il merletto non è inamidato o del tutto assente), e un abito da lutto (tutto nero, con la camicia bianca senza merletto). Completavano l’abbigliamento giornaliero un fazzoletto di cotone o di lana a coprire il capo, il grembiule e lo scialle.
Nella seconda sala sono esposti gli abiti nuziali dei paesi arbëreshë di S. Demetrio Corone, Santa Sofia d’Epiro e Spezzano Albanese (che, insieme a Vaccarizzo Albanese, San Cosmo Albanese e San Giorgio Albanese, rientrano tra i paesi della Presila greca, aventi elementi comuni nel vestiario) ma anche di Piana degli Albanesi in Sicilia e abiti da festa provenienti da diverse zone dell’Albania.
Nella terza sala troviamo l’abito nuziale di Farneta, che, come gli altri paesi dell’Alto Ionio Cosentino (Plataci e Castroregio) si differenzia per alcuni elementi: la gonna è a pieghe larghe, raccolte e arricciate in vita, bordata da una striscia di raso con ricami floreali in oro ed è coperta da un grembiule (vandilja) in raso con tasche e ricamato con fili d’oro; anche la keza è diversa dagli altri paesi, è molto più grande, parte dalla sommità della testa e termina con una specie di ventaglio, sostenuta da due spilloni.
Vi è poi esposto l’abito nuziale e da mezza festa di S. Benedetto Ullano. Sia la gonna che la sottogonna sono a pieghe larghe e sopra la camicia bianca si indossa un corpetto interno senza maniche decorato in oro (kamizolla llambadhor), oltre alla consueta giacchettina ricamata in oro (xhipuni llambadhor). Nell’abito nuziale è presente anche un cinturino ricamato in oro (brezi). Questi elementi del vestiario accomunano i paesi della Media Valle del Crati, ovvero San Benedetto Ullano, San Martino di Finita, S. Giacomo di Cerzeto, Mongrassano, Cervicati e Santa Caterina Albanese.
E, infine, troviamo l’abito nuziale e da mezza festa di Frascineto. Un elemento tipico dei paesi del Pollino (Firmo, Lungro, San Basile, Acquaformosa, Civita e Frascineto) è la skola, una sorta di cravatta in raso ricamata in oro, che aveva la funzione di coprire la scollatura.
Inglese 🇬🇧
ARBËRESHË COSTUME AND GOLD MUSEUM
Housed inside the Palazzo Cumano, in the historic center of Vaccarizzo Albanese, the Museum was created in 1984 by the municipal administration of the time and by papas Giuseppe Faraco, as a “Permanent Exhibition of Arbëresh Costume”.
The Palace was built in 1764 by Salvatore Cumano as his residence. It was destroyed by fire in 1799 on the orders of the Bourbons, who thus wanted to take revenge for the revolutionary gestures of the Cuman, to re-establish the monarchical order. A legend has it that, stabbed in his bed, he left the imprint of his bloody hand on the walls; an imprint that would still be visible despite the passing of the centuries.
It was his nephews, Alessandro and Domenico, who returned to Vaccarizzo, who rebuilt the building in 1855. At the entrance to the Palace there is in fact an epigraph dedicated to Alessandro Cumano.
From 1908 to 1984, part of the building, owned by the municipality, was the municipal seat.
Later, it was destined to host the Permanent Exhibition of Arbëresh Costume.
The exhibition is closely linked to the Arbëreshë Culture and Costume Review, originally conceived as a Costume Festival, which is held every year in August and in 2023 has reached its 40th edition. An event to promote and enhance the Arbëresh cultural heritage, which sees delegations from many countries arriving in Vaccarizzo, and which includes conferences, traditional dances and songs, tastings of typical products, as well as obviously parades of the costumes of various Arbëresh communities.
The Museum hosts a substantial exhibition of original clothes, divided by territorial area, coming not only from Vaccarizzo and other Arbëreshë communities in Calabria, but also from Piana degli Albanesi in Sicily and from Albania.
The Museum also displays a photographic exhibition, on panels, of the Arbëreshë Ori: the elaborate jewelery owned by local families that embellished their wedding dresses. This section cannot be visited at the moment.
At the entrance, on the first floor, a series of historical photographs of the country are exhibited, dolls in traditional costume, including two wearing the Albanian costume, female and male, donated by the wife of the Albanian President, on the occasion of her visit to Museum, and a series of decorated glass plates, donated by the artist Fenisia De Roses.
The first room is entirely dedicated to the costumes of Vaccarizzo Albanese.
The richest and most elaborate is obviously the wedding dress. The elements that made up the wedding dress were: the headdress, called keza, which covered part of the braided hair gathered in a chignon; the pandera, a thin belt with a rectangular closure. Both embroidered in gold or silver thread, they were the distinctive symbols of the married woman.
The veil (tuvala ari or tuvala treni), woven with intertwined gold threads or red tulle and gold embroidery. The long linen or cotton shirt (linja), with the neckline decorated with starched, tulle or crochet lace. A white cotton coverlet, embroidered with floral motifs (petila). A small silk jacket open at the front, the same color as the overskirt, with the sleeves embroidered with floral motifs and the cuffs, edges and shoulders decorated with gold braid (xhipuni llastri or llambadhor). The densely pleated skirt, in silk satin laminated in gold and with the flounce also in gold, usually amaranth or red in colour, decorated with embroidery depicting flowers or birds (sutana razi). An overskirt in gold-laminated silk, edged with a gold flounce, of pink (predominant color in the tradition of Vaccarizzo), green, light blue or purple (coha llastri or llambadhor), which was raised at the front and fastened at the back, thus allowing to also see the skirt underneath. In other towns (Firmo, Lungro, Acquaformosa) the upper skirt is folded in the shape of a shell and placed on the arm.
The gold frill was indicative of the social class to which one belonged: if it was high, it meant a wealthy family; if it was narrow, the family was poor.
The clothing was completed by knitted white cotton stockings (kollocjetët) and shoes (këpucët), of the same fabric and color as the overskirt, also embroidered with gold thread.
The dressing of the bride was a true ritual, with a ceremony of songs and dances that involved the whole town.
The wedding dress, which was part of every girl’s dowry, after the wedding became the gala dress, worn on the most important occasions.
On the day of her husband’s funeral, the woman wore her wedding dress; from the next day she began to wear the mourning one. And it was customary to finally dress the body in the wedding dress.
In the section of Vaccarizzo’s clothes we then find the gala dress and the half-party dress (used for less important occasions), an artificial reproduction of the male costume, a party dress, two daily dresses (in these the lace is not starched or all absent), and a mourning dress (all black, with the white shirt without lace). The daily clothing was completed by a cotton or wool handkerchief to cover the head, the apron and the shawl.
In the second room the wedding dresses of the Arbëreshë towns of S. Demetrio Corone, Santa Sofia d’Epiro and Spezzano Albanese are displayed (which, together with Vaccarizzo Albanese, San Cosmo Albanese and San Giorgio Albanese, are among the towns of the Greek Presila, having common elements in clothing) but also from Piana degli Albanesi in Sicily and party dresses from different areas of Albania.
In the third room we find the wedding dress of Farneta, which, like the other towns of the Upper Ionian Cosentino (Plataci and Castroregio) differs in some elements: the skirt has wide pleats, gathered at the waist, edged with a stripe of satin with gold floral embroidery and is covered by a satin apron (vandilja) with pockets and embroidered with gold thread; the keza is also different from other countries, it is much larger, it starts from the top of the head and ends with a sort of fan, supported by two pins.
The wedding and half-party dress of S. Benedetto Ullano is then displayed there. Both the skirt and the petticoat have wide pleats and over the white shirt a sleeveless bodice decorated in gold (kamizolla llambadhor) is worn, in addition to the usual gold-embroidered jacket (xhipuni llambadhor). In the wedding dress there is also a gold embroidered strap (brezi). These elements of clothing are common to the towns of the Media Valle del Crati, namely San Benedetto Ullano, San Martino di Finita, S. Giacomo di Cerzeto, Mongrassano, Cervicati and Santa Caterina Albanese.
And finally, we find Frascineto’s wedding and half-party dress. A typical element of the Pollino villages (Firmo, Lungro, San Basile, Acquaformosa, Civita and Frascineto) is the skola, a sort of satin tie embroidered in gold, which had the function of covering the neckline.
ARBËRESHE 🇦🇱
MUZEU STOLIT E ARËT ARBËRESHË
Gjëndet mbrënda Pëllacit Cumano, tekë pjesa e vjetëra e Vakaricit. Ki Muze ka qënë dashur nga Zoti Giuseppe Feraco e nga mbarështimi e bashkies, si “burtimë i qindruarshëm e veshjave Arbëreshë”.
Pëllaci ka qënë i stisur tekë viti 1764 nga Salvatore Cumano si shëpia atij. Ka qënë i grisur nga një zjarr tekë viti 1799 mbi urdhërit e Borbonavet, çë dojin të gjakmarrjin për bëmejat rivolucionarie e Cuman-it. Një përallëz thot se ai, i vrar me një thikë mbi shtratit, ka lenur shënjen e dorës atij pjot gjak mbi murit.
Qëne niprat, Alessandro e Domenico, të mbjedhur Vakaric, çë bënë pameta pëllacin vitit 1855. Te hirja pëllacit është një shkrënje e dedikuar Alessandr-it Cumano.
Nga viti 1908 njerim vitit 1984 një pjesë e Pëllacit, ka qënë Bashkie. Pra tekë ki vend bënë burtimin i qindruarshëm.
Muzeu është i lidhur me Festivallin e Kullturës edhe veshjes Arbereshë, mënjëhere kujtuar si Sagra e Kostumit, çë behet nga vit te muaji e gushtit e tekë viti 2023 u ka bënur për 40 hera. Ki është një event për rritja e për vllerësimin e kulltures arbereshë, çë sheh ardhjen e shumë dellegacionëva ka shumë katunde. Te ki event bëhen konferenca, valle, kënga tradicionalle, mënd përvohen shurbese tipike, mbatanë sfillates e stolivet ka katundet arbereshë.
Muzeu ka një burtime e madhe me stoli orixhinale, të ndajtur për nga katund e çë vijin jo vetëm nga Vakarici e nga tjerat katundë arbereshë e Kalabries, ma edhe nga Hora e Arbereshëvet në Siçili e nga Shqipëria.
Muzeu ka edhe një burtim fotografik e Arët Arbëreshë: arët çë ishin e fëmilëvet e katundit e çë zbukurojin stolit për martesen. Kio pjese nani nëng mund shihet.
Tekë hirja, tekë i pari mbalatur, janë burtuar një ca fotografi storikë e katundit, popaçulla me stolit tradicionale, ndë mest janë edhe di çë veshënjen stolit shqipëtarë, fëmëror e mashkullor, dhurata nga gruaja e Presidentit shqipëtar kur erdh e vizitoj Muzeun, e një ca talur qelqi të zbukuruar, dhurata e artistit Fenisia De Roses.
E para dhomë është dedhikuar vetem stolivet e Vakaricit.
Ai më i bëgatë është stolia për martesen. Copat e stolit e martesës janë: keza çë mbulonij lesht të lidhura me një chignon; pandera, një brez i hollë me një mbullje si një rretangul. Të di të qepura me filla ari o argjëndi, simbolë e gruajes e martuar. Veli (tuvala ari o tuvala treni), të qepur me fila ari o tulle i kuq i qepur me filla ari. Një këmishë të gjatë e lliu o pumbaku të bardhë (linja) me tekë anët e pjetit një millet të mbuzimuar, me tulle o benur me kërsheu. Një copë pumbaku i bardhë, të qepur me lule (petila). Një xhipun e sirku të hapur përpara, me kulluren e kamizollës, me mëngat të qepura me lule edhe puca, ana e mushku zbukuruar me llastra (xhipuni llastri o llambadhor). Coha (sutana) me qikatura të vogëla, razi e ari me një galun edhe ari, e kuqe e zbukuruar me të qepura lulëve o zogëve (sutana razi). Një cohë mbi njetër e sirku ari, me një gallun ari, roza (kulluri çë gjëndet shumë tekë tradiciona e stolivet e Vakaricit), verd, azur o viola (coha llastri o llambadhor), çë mbjidhej tekë ana përpara e keshtu mënd shihej edhe coha posht. Ndër tjetër katunde (Ferma, Ungra e Firmoza) coha qepet si një konkile çë mbahet mbi krahut.
Galuni ari ish një simbol e se sa të bëgatë ish fëmilja: ndose ish e lart ajo ish një fëmilje e bëgatë; ndose ish e vogël fëmilja ish e shkret.
Fërnojin stolit kallocjetët pumbak të bardh shërbiara me hekurat e këpucët si kulluri e cohes, edhe ata të qëpura ari.
E veshura e nuses ish një rrit ku kendohëshin kenga e luhej bashk me gjithë gjindjat e katundit.
Stolia, ç’ish pjesë e pajes çëdo vashez, nese martesës mënd ish veshur ndër ditat më shumë rëndsishëme.
Tekë pjesa ku janë stolit e Vakaricit gjënden veshjet e festes e gjisëm-festes (çë veshet tekë ditet më pak të rëndsishëm), një riprodhim e veshjës mashkullore, një veshje e festës, di veshje përditëshem (te këto milleti nëng është të mbuzimuar o nëng është fare), e një veshje e lipizi (gjithë e zezë, me një këmishë e bardhë pa millet). Fërnojin veshjen përditëshem një skamandil pumbaku o leshi çë mbuloni kriet, sinalli e shalli.
Tekë e dita dhomë gjënden stolit e katundëvet arbereshë e Shën Mitrit, Shën Sofisë e Spixanës (çë bashk me Vakaricin, Strigarin e Mbuzatin, bënjen pjesë e katundëvet e Presil-es greqisht, me pjesa komun te stolit) ma edhe Hora e Arbereshëvet në Siçilli e stoli nga Shqipëria.
Tekë e treta dhomë gjëndet stolia e Farnetes, çë, si tjèrët katunde e ana lart e Jonit Kusendin (Pllatën e Kastërnexhi), ndëronjen për një ca ellemende: kamizolla ka qikatura të gjera, të mbjëdhura e rrushkulluara, me një copë razi me të qepura lulesh ari e mbuluar me një vandilje razi me kushalle e të qepur ari; edhe keza ndërron ka tjerët katunde, pse është shumë më e madhe, zë ka ana lart e kriet e fërnon si me një vëndalë, mbajtur nga di spingulla të madha.
Është burtuar veshja e gjisëm-festë e Shën Benedhitit. Kamizolla e sutana janë me qikatura të gjera e mbi këmishës të bardhë veshet një xhipun i brëndëm pa mënga zbukuruar ari (kamizolla llambadhor), mbatanë i njohuri xhipuni llambadhor. Stolia ka edhe një brezë ari. Gjithë këto ellemende bashkojin katundet e Mesmë Lugut Krati, vjen me thon Shën Benedhiti, Shën Mërtiri, Shën Japku, Mungrasana, Çervikati e Picilia.
Të lurtëm gjëmi veshja e gjisëm-festë e Frasnitës. Një ellemende tipik e katundëvet e Pulinit (Ferma, Ungra, Shën Vasili, Firmoza, Çifti e Frasnita) është skola, si një skolë razi të qepur ari çë mbulon pjetin.