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CENTRO ICONOGRAFICO ARBËRESH – MOSTRA PERMANENTE DELLE TRADIZIONI E DELLA CULTURA ARBËRESHE
Il Centro Iconografico Arbëresh ha sede all’interno del Palazzo Miceli, antica dimora baronale del casale di Serra di Leo, costruita nel 1750.
La parte più importante del Centro consiste nella Mostra permanente delle tradizioni e della cultura arbëreshe.
Questa esposizione è stata curata nel 2008 dal Prof. Antonio Gattabria, etno-musicologo e iconografo, mentre il riallestimento successivo è a cura di Oscar Stancati e nasce dalla collaborazione tra il comune di Mongrassano, l’Associazione culturale “Bashkim Kulturor Arbëresh” di Spezzano Albanese e lo sportello linguistico comunale.
All’interno del Palazzo Miceli, oltre alla Mostra, trovano posto anche la biblioteca comunale, lo sportello linguistico e la sala consiliare. Quest’ultima è dedicata a Giuseppe Tavolaro (1897-1985), ed è possibile ammirare una selezione delle sue fotografie più significative, che ritraggono scorci del paese e momenti della vita quotidiana. È proprio a Giuseppe Tavolaro che si deve la maggior parte del patrimonio fotografico della Mostra.
In ogni sala è riprodotta l’ambientazione di uno specifico ambiente, attraverso oggetti e documenti fotografici. Ogni oggetto esposto è accompagnato da una didascalia esplicativa redatta in italiano, arberësh, dialetto calabrese e inglese.
Il piano terra è dedicato alla cultura materiale ed offre un’immersione completa nella vita quotidiana del passato.
Nella camera da letto dell’epoca ritroviamo il materasso rudimentale, riempito di paglia o foglie di mais, accanto al baule che custodiva il corredo e altri oggetti per la cura personale.
Il magazzino, chiamato katoqi, espone una vasta gamma di ceste di vario tipo e misura, utilizzate per il trasporto di ortaggi e viveri a dorso di mulo, insieme alle varie misure agricole.
La cucina è ricca di suppellettili utili per la preparazione e la conservazione dei cibi.
La sezione dell’artigianato tessile presenta un antico telaio insieme a vari attrezzi, filati e stoffe.
Passando poi all’attività agro-pastorale, si trovano innumerevoli oggetti, alcuni dei quali testimoniano l’ingegno e la creatività del tempo, come lo stropë, un semplice ramo di legno diviso in due lungo la sua lunghezza, utilizzato dal datore di lavoro per segnare ogni giornata lavorativa con una tacca.
Il primo piano è invece riservato alle tradizioni, che riguardano sia il ciclo dell’anno che il ciclo dell’uomo.
Si parte dalla sala degli abiti, in cui sono esposti esemplari di abiti da promessa e da matrimonio e una riproduzione dell’abito maschile.
Ricordiamo che a Mongrassano fu fondato uno dei primi gruppi folkloristici arbëreshë, alla fine degli anni ’50. Luigi Iaccino fu uno dei fondatori e promotori.
Oggetti e materiale fotografico evocano i riti legati alle festività natalizie, alla Commemorazione dei defunti e al Carnevale, una celebrazione particolarmente sentita a Mongrassano. Durante la notte del martedì grasso, si svolge il funerale del Carnevale, caratterizzato da un satirico corteo funebre che accompagna il fantoccio fino alla sua bruciatura in piazza.
La sezione successiva è dedicata ai riti della Quaresima, della Settimana Santa e di Pasqua. Uno dei riti che caratterizza la comunità di Mongrassano è la realizzazione della parma, detta anche kalimera, in occasione della Domenica delle Palme. Si tratta di una struttura di rami d’ulivo e canne, decorata con carta velina colorata, sulla quale vengono appesi doni e dolci tipici come i ginetti, i mastazzuoli e i cuddacciaddi. La parma viene portata in chiesa per la benedizione e successivamente donata ai bambini. È tradizione che sia la madrina a donare la parma al proprio figlioccio.
A tal proposito, uno dei riti che si tramandano è quello della motërma, ovvero il “commaraggio”, celebrato il 24 giugno in occasione della festività di San Giovanni. Durante questo rito, le ragazze si recavano presso la cappella di Santa Maria delle Grazie e battezzavano un fantoccio vestito da neonato e confezionato con erbe e fiori, chiamato Papuacciulu. Questo gesto le consacrava come commari, ndrikulla, stabilendo un legame affettivo molto significativo che avrebbero confermato nuovamente una volta diventate madri.
Passando ai riti che scandiscono il ciclo della vita, l’esposizione inizia con gli oggetti legati alla nascita e all’infanzia: dai giocattoli agli amuleti utilizzati per tenere lontane le influenze negative. Tra questi, troviamo la guleta, conosciuta anche come abitinu in dialetto calabrese, contenente diversi oggetti come il sale e un’immagine sacra. Altri oggetti come il ferro di cavallo e la chiave di ferro venivano posti tra le fasce del neonato, specialmente quando ancora non era stato battezzato e doveva essere portato fuori casa di notte.
Viene poi fornita una dettagliata spiegazione, accompagnata da illustrazioni, dei giochi di una volta. Tra questi troviamo la fune, il cerchio, la trottola, l’altalena, l’aquilone, la fionda, il gioco delle pietre e dei tappi. Il gioco degli stacci, ovvero rudimentali bocce realizzate smussando dei mattoni in cotto e ancora la konolla, un pezzo di spago annodato a cerchio che veniva intrecciato tra le dita di due mani fino a formare figure particolari, tra cui appunto la konolla, ossia la culla e tante altre attività ludiche.
In un’altra sala, infine, è esposto materiale fotografico relativo alle festività pasquali e mariane di altri paesi arbëreshë, quali Lungro, Vaccarizzo e Spezzano Albanese.
Inglese 🇬🇧
ARBËRESH ICONOGRAPHIC CENTER – PERMANENT EXHIBITION OF ARBËRESHË TRADITIONS AND CULTURE
The Arbëresh Iconographic Center is located inside Palazzo Miceli, an ancient baronial residence in the Serra di Leo village, built in 1750.
The most important part of the Center consists of the permanent exhibition of Arbëreshe traditions and culture.
This exhibition was curated in 2008 by Prof. Antonio Gattabria, ethno-musicologist and iconographer, while the subsequent rearrangement was curated by Oscar Stancati and was born from the collaboration between the municipality of Mongrassano, the cultural association “Bashkim Kulturor Arbëresh” of Spezzano Albanese and the municipal linguistic office.
Inside Palazzo Miceli, in addition to the exhibition, there is also the municipal library, the language desk and the council room. The latter is dedicated to Giuseppe Tavolaro (1897-1985), and it is possible to admire a selection of his most significant photographs, which portray glimpses of the town and moments of daily life. It is precisely Giuseppe Tavolaro who is responsible for most of the photographic heritage of the exhibition.
In each room the setting of a specific environment is reproduced, through objects and photographic documents. Each exhibited object is accompanied by an explanatory caption written in Italian, Arbëresh, Calabrian dialect and English.
The ground floor is dedicated to material culture and offers a complete immersion in the daily life of the past.
In the bedroom of the past we find the rudimentary mattress, filled with straw or corn leaves, next to the trunk that contained the kit and other personal care items.
The warehouse, called katoqi, displays a vast range of baskets of various types and sizes, used for the transport of vegetables and food on the back of a mule, together with various agricultural measures.
The kitchen is full of useful furnishings for preparing and preserving food.
The textile crafts section features an ancient loom along with various tools, yarns and fabrics.
Moving on to agro-pastoral activities, there are countless objects, some of which testify to the ingenuity and creativity of the time, such as the stropë, a simple wooden branch divided in two along its length, used by the employer to mark each workday with a notch.
The first floor is instead reserved for traditions, which concern both the cycle of the year and the cycle of man.
We start from the clothing room, where examples of betrothal and wedding dresses and a reproduction of the men’s suit are on display.
We remember that one of the first arbëreshë folk groups was founded in Mongrassano at the end of the 1950s.
Objects and photographic material evoke the rites linked to the Christmas holidays, the commemoration of the deceased and Carnival, a particularly heartfelt celebration in Mongrassano. During the night of Shrove Tuesday, the Carnival funeral takes place, characterized by a satirical funeral procession that accompanies the puppet until its burning in the square.
The next section is dedicated to the rites of Lent, Holy Week and Easter. One of the rites that characterizes the community of Mongrassano is the creation of the parma, also called kalimera, on the occasion of Palm Sunday. It is a structure of olive branches and canes, decorated with colored tissue paper, on which typical gifts and sweets such as ginetti, mastazzuoli and cuddacciaddi are hung. The parma is brought to the church for blessing and subsequently given to the children. It is tradition that the godmother gives the parma to her godson.
In this regard, one of the rites that have been handed down is that of the motërma, or the “commaraggio“, celebrated on 24 June on the occasion of the feast of San Giovanni. During this rite, the girls went to the chapel of Santa Maria delle Grazie and baptized a puppet dressed as a newborn and made with herbs and flowers, called Papuacciulu. This gesture consecrated them as commari, ndrikulla, establishing a very significant emotional bond that they would confirm again once they became mothers.
Moving on to the rites that mark the cycle of life, the exhibition begins with objects linked to birth and childhood: from toys to amulets used to keep negative influences away. Among these, we find the guleta, also known as abitinu in Calabrian dialect, containing various objects such as salt and a sacred image. Other objects such as the horseshoe and the iron key were placed between the newborn’s swaddling clothes, especially when he had not yet been baptized and had to be taken out of the house at night.
A detailed explanation is then provided, accompanied by illustrations, of the games of the past. Among these we find the rope, the hoop, the spinning top, the swing, the kite, the slingshot, the game of stones and corks. The game of stacci, i.e. rudimentary bowls made by smoothing terracotta bricks and also the konolla, a piece of string knotted in a circle which was woven between the fingers of two hands to form particular figures, including the konolla, i.e. the cradle and many other fun activities.
In another room, photographic material relating to the Easter and Marian festivities of other Arbëreshë towns, such as Lungro, Vaccarizzo and Spezzano Albanese, is exhibited.
ARBËRESHE 🇦🇱
QENDRI IKONOGRAFIK ARBËRESH – MUZEU I QINDRUARSHËM E TRADITAVËT EDHE KULLTURËS ARBËRESHE
Qendri Ikonografik Arbëresh gjëndet mbrënda Pëllacit “Miceli”, banim baronal i vjetër e fshatit Serra di Leo, i stisur tekë viti 1750.
Pjesa me më shumë rëndesi e Qendrit është Muzeu i qindruarshëm e traditavët e kullturës arbëreshe.
Kjo burtime qe bënur me kujdes tekë viti 2008 ka Profesuri Antonio Gattabria, etno-muzikolog e ikonograf, ndërsa e ndrequra çë bën pra qe për kujdesin e Oscar-it Stancati, për bashkshurbimin e Bashkies e Mungrasanës, Shoqata kullturore “Bashkim Kulturor Arbëresh” e Spixanës e dega gjuhësore e bashkies.
Mbrënda Pëllacit Miçeli, mbatanë Muzeut, gjëndet edhe biblioteka bashkërore, dega gjuhësore e bashkies e një dhomë për kuvendimet. Kjo e lurtëmja është dhedikuar Giusepp-it Tavolaro (1897-1985), ku mënd shihen një ca fotografi të tij me shumë domethëna, çë burton pjesa e katundit edhe vrundulla e jetës ditëshëm. Është drejt për pjesen e Giusepp-it Tavolaro çë mënd shihen më shumët e fotografit e Muzeut.
Mbrënda nga dhomë është një riprodhim e nji vendi, mbatanë rruçule e dokumende fotografike. Nga rruçul burtuar ka një shkruajte italisht, arbërisht, kallabrisht e nglisht.
Mbalaturi më poshtë është dhedikuar kullturës çë mënd ngitet e binë e hin mbrënda jetës e vjetër e ngaditëm.
Tekë dhoma ku fjëhej gjëndet një materas i vjetër, pjot kashtë o fjeta trokomeli, afër sënduqit me stolit e shumë rrucul veshtësore.
Katoqi burton shumë panara me të cilat qellëjin shurbise te kopshti mbi mushkut, bashkë shumë shurbise bujqësorë.
Kuçina është pjot rruculë për dertimin e për vjuara e të ngrënit.
Pjesa e mjështërisë e argalisë ka një argali e vjetër bashkë shumë rruculime, penjëra e petkëra.
Tue shkuar tekë shurbimi bujqësore-delar, gjënden shumë rrucule, një ca çë mbanjen mend fantazin e motit çë shkoj, si stropë, një degë druri i ndajtur dish, çë ish i përduar nga drejtari e shurbimit sa të mbanij kundet e ditës çë shurbien.
I pari mbalatur është ai e traditëvet. Tekë dhoma e veshjes janë burtuar veshje e martesës e një riprodhim e veshjës mashkullore.
Mbami mend se Mungrasanë bëri një ndër të parat grupë folkloristikë arbëreshë, te fundi e vitët ‘50.
Rrucule e fotografi kujtonjen ritë të lidhura festës e Krishtëlindjes, Dita e Prigatorëvet e Karnivallit, çë ndihet shumë Mungrasan. Tekë nata e martës të majmë, bëhet funeralli e Karnivallit, me një përsion çë binë e vjen gazë tue sjell pupacin njërim tekë qaca ku digjet.
Më përpara gjëndet pjesa dhedikuar ritit e Kreshmeshës, Javës e Madhe e Pashkëvet. Një ndër ritet tipikë Mungrasanës është parma, e thënur edhe kalimer, e Diellës e Dafnës. Kjo është bënur me dega ulliri e kallmi, zbukuruar me karta mbi ciles ngjiten dhurata e ëmbësira tipikë si xhinete, mostaciole e kudaçiade. Parma qellen mbë qish për bekimin e pra jipet djalëvet. Tradita thot se ndrikula ka të jap parmin dialit çë pakzoj.
Për këtê, një ndër ritet çë lajmërohen, është ai e motërmës, bënur ditës e festës e Shën Janit, 24 qershorit. Ndë kësaj rit, vashëzat vëhçin tekë kapelja e Shën Mëris e Hirit e pakzojin një pupac veshur si një djal i vogël, i bën me bar e lule, i thenur Papuacciulu. Ki rit i lidhnij si ndrikulla, vendosëni një lidhje e dashuri shumë rëndësishm çë shëtrengohej edhe më shumë kur ato do të beheshin mëma.
Tue shkuar ritëvet e copavet e jetës, burtima zë me një ca rrucule lidhura lindjes: bridhja e guleta çë mbajin llargu të keqërat. Ndë mest këtire gjëmi guleten, e njohur edhe si abitinu te djalekti kalabrisë, çë kish shumë shurbise si krip e një figurin e nji shënjti. Njetër ca rrucul si hekuri e kalit e qiçi hekuri veheshin afër djalët të vogël, më shumë kur nëng ish i pakzuar e kish të dil natën.
Gjëndet edhe një rrëfim e bridhjet çë ishin një herë. Ndër këta është tërkuza, qerqulli, karroçulli, cickaningula, balona, bèu, bridhja me gur e me tipulle. Bridhja e staçi, vjen me thenë boçe bënur me matune e edhe konolla, një cop spak i lidhur si qerqull çë shkohej ndë mest duart sa të bëheshin figura vetimshëma, ndër cilat konolla, ninula e shumë bridhje.
Tekë njetër dhom janë burtuar një ca fotografi e festëvet e Pashkës e mariane shumë katundëve arbëreshë, si Ungra, Vakarici e Spixana.