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- Il Paese di San Giorgio Albanese
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SAN GIORGIO ALBANESE: UN PAESE AFFACCIATO SUL MARE, RICCO DI OPERE D’ARTE
San Giorgio Albanese è situato su un’altura che si affaccia sulla Valle del Crati e sulla pianura di Sibari.
All’epoca normanna, nel XII secolo, risalgono le prime notizie di un villaggio rurale chiamato Sancto Jorio, nel territorio della contea di Corigliano. Risulta, infatti, tra i casali che vennero donati dal conte Ruggero al Monastero di Santa Maria del Patirion di Rossano.
Peste, carestie e guerre causarono una drastica riduzione della popolazione e l’abbandono di molti centri abitati.
Il casale fu ripopolato verso il 1470 dagli esuli albanesi, con il benestare del Principe di Bisignano e Conte di Corigliano, Geronimo Sanseverino, e con l’assenso dell’archimandrita del Patirion di Rossano.
Gli albanesi ribattezzarono il casale Mbuzati, paese di Buza, dal cognome del clan familiare dominante.
L’integrazione dei nuovi popoli fu senz’altro favorita anche dal matrimonio, avvenuto nel 1539, tra il principe Pietro Antonio Sanseverino di Bisignano e la duchessa Erina, pronipote di Scanderbeg.
Nel 1606 morì il principe Nicolò Bernardino, ultimo dei Sanseverino, e la contea di Corigliano con i suoi casali, compreso San Giorgio, vennero venduti a un ricchissimo mercante genovese, Agostino Saluzzo, che divenne duca di Corigliano.
A partire dalla fine del XVIII secolo fino al 1806, anno di eversione della feudalità, fu la famiglia Masci di Santa Sofia d’Epiro a detenere il potere a San Giorgio, poiché ne aveva acquistato dai Saluzzo l’enfiteusi perpetua.
La Chiesa di San Giorgio Megalomartire è considerata uno dei migliori esempi di integrazione di chiesa latina adattata al culto greco bizantino, dopo l’istituzione dell’Eparchia di Lungro. È una costruzione in stile barocco del XVIII secolo, a tre navate, le cui due cappelle laterali sono coperte da cupole esterne in stile bizantino, rivestite da tegole disposte a cerchi concentrici. La Chiesa custodisce varie icone bizantine, antiche tele del XVIII secolo, come quella della Pietà e della Madonna di Schiavonea, e numerose statue lignee del ‘700 e ‘800, tra cui quella di San Giorgio e della Madonna del Rosario, di scuola napoletana, poste all’interno delle due cappelle laterali a loro dedicate. Molto rappresentativo anche il gruppo statuario degli Angeli che reggono la Madonna di Scutari. L’iconostasi in legno è stata realizzata da un artigiano del luogo, mentre la volta è stata affrescata dal pittore cretese Nikos Giannakakis. Vi sono poi tre grandi lampadari di fattura greca; il maggiore di questi è circondato da un grande cerchio con le effigi dei santi.
Da ricordare, infine, che proprio qui iniziò la sua attività pastorale il beato Angelo d’Acri.
San Giorgio Albanese è il paese natio di Giulio Variboba (1725-1788), al quale è dedicato un monumento. Variboba fu sacerdote (si formò al Collegio Corsini di S. Benedetto Ullano e ne fu anche rettore per un periodo), scrittore in lingua albanese e autore di numerosi canti sacri. È famoso principalmente per aver composto il poema lirico La vita della Vergine Maria, scritto nel dialetto di San Giorgio Albanese, ricco anche di molti vocaboli calabresi e siciliani.
Per le vie di San Giorgio, si possono ammirare una serie di murales di grande impatto visivo, alcuni realizzati da artisti inseriti all’interno del progetto di street art itinerante di Gulìa urbana.
Il centro storico si caratterizza per la consueta struttura urbanistica, comune a tutti i paesi arbëreshë, delle case costruite attorno ad un piazzale, detto sheshi, a formare le caratteristiche gjitonie. Un termine che letteralmente indica il “vicinato”, ma che non si limita a questo significato. Si tratta, infatti, di un intreccio di urbanistica e vita sociale. La gjitonia era il luogo della condivisione, collaborazione e aiuto reciproco, in cui si instauravano profondi legami e si portava avanti la trasmissione dei saperi. I confini della famiglia si allargavano ad una dimensione più ampia e il vicino contava più di un parente, come recita il detto arbëresh “gjitoni më se gjiri”. Possiamo definire la gjitonia anche come un vero e proprio sottogoverno locale, condotto e diretto dalle donne.
Nelle antiche abitazioni si ravvisano poi altri elementi che richiamano l’architettura albanese, come le tipiche finestre circolari del sottotetto.
Ritroviamo infine le supporta, archi e volte che collegavano due abitazioni, formando a volte dei porticati. Uno di questi, quello della casa natale di Variboba, è stato interamente dipinto negli ultimi anni dagli studenti dell’Università di Tirana e da pittori albanesi.
Inglese 🇬🇧
SAN GIORGIO ALBANESE: A TOWN OVERLOOKING THE SEA, RICH IN WORKS OF ART
San Giorgio Albanese is located on a hill overlooking the Crati Valley and the Sibari plain.
The first news of a rural village called Sancto Jorio, in the territory of the county of Corigliano, dates back to the Norman era, in the 12th century. In fact, it is among the farmhouses that were donated by Count Ruggero to the Monastery of Santa Maria del Patirion in Rossano.
Plague, famine and wars caused a drastic reduction in the population and the abandonment of many inhabited centers.
The farmhouse was repopulated around 1470 by Albanian exiles, with the approval of the Prince of Bisignano and Count of Corigliano, Geronimo Sanseverino, and with the consent of the archimandrite of the Patirion of Rossano.
The Albanians renamed the farmhouse Mbuzati, village of Buza, from the surname of the dominant family clan.
The integration of the new peoples was undoubtedly also favored by the marriage, which took place in 1539, between Prince Pietro Antonio Sanseverino of Bisignano and Duchess Erina, Scanderbeg’s great-granddaughter.
In 1606, Prince Nicolò Bernardino, the last of the Sanseverinos, died and the county of Corigliano with its hamlets, including San Giorgio, were sold to a very rich Genoese merchant, Agostino Saluzzo, who became Duke of Corigliano.
From the end of the 18th century until 1806, the year of the subversion of feudalism, it was the Masci family of Santa Sofia d’Epiro who held power in San Giorgio, as they had purchased the perpetual emphyteusis from the Saluzzos.
The Church of San Giorgio Megalomartire is considered one of the best examples of integration of a Latin church adapted to the Byzantine Greek cult, after the establishment of the Eparchy of Lungro. It is an 18th century Baroque style building, with three naves, whose two side chapels are covered by external Byzantine style domes, covered with tiles arranged in concentric circles. The Church houses various Byzantine icons, ancient paintings from the 18th century, such as that of the Pietà and the Madonna of Schiavonea, and numerous wooden statues from the 18th and 19th centuries, including that of San Giorgio and the Madonna del Rosario, of the Neapolitan school, located inside the two side chapels dedicated to them. The statuary group of Angels holding the Madonna of Scutari is also very representative. The wooden iconostasis was created by a local craftsman, while the vault was frescoed by the Cretan painter Nikos Giannakakis. Then there are three large Greek-made chandeliers; the largest of these is surrounded by a large circle with the effigies of the saints.
Finally, it should be remembered that Blessed Angelo d’Acri began his pastoral activity right here.
San Giorgio Albanese is the birthplace of Giulio Variboba (1725-1788), to whom a monument is dedicated. Variboba was a priest (he trained at the Corsini College of S. Benedetto Ullano and was also its rector for a period), a writer in the Albanian language and the author of numerous sacred songs. He is mainly famous for having composed the lyric poem The Life of the Virgin Mary, written in the dialect of San Giorgio Albanese, also rich in many Calabrian and Sicilian words.
In the streets of San Giorgio, you can admire a series of murals of great visual impact, some created by artists included in the traveling street art project called “Gulìa Urbana”.
The historic center is characterized by the usual urban structure, common to all Arbëreshë villages, of houses built around a square, called sheshi, to form the characteristic gjitonie. A term that literally indicates the “neighborhood”, but which is not limited to this meaning. It is, in fact, a mix of urban planning and social life. The gjitonia was the place of sharing, collaboration and mutual help, where deep bonds were established and the transmission of knowledge was carried out. The boundaries of the family expanded to a larger dimension and the neighbor counted more than a relative, as the Arbëresh saying “gjitoni më se gjiri” states. We can also define gjitonia as a real local sub-government, led and directed by women. Other elements that recall Albanian architecture can also be seen in the ancient homes, such as the typical circular windows in the attic.
Finally, we find the supports, arches and vaults that connected two houses, sometimes forming porticoes. One of these, that of Variboba’s birthplace, has been entirely painted in recent years by students of the University of Tirana and Albanian painters.
ARBËRESHE 🇦🇱
MBUZATI: NJË KATUND MBI DEJTIT, PJOT OPERA ARTISIKE
Mbuzati gjëndet mbi një vend i lart përpara Valle e Kratit e fusha e Sibaris.
Tekë shekuli XII, ndër epoka e normannëvet, ish i njohur si një katund me ëmrin Sancto Jorio, tekë pjesa e dheut Korilanit, i dhënur çë ka konti Ruxheri Manastirit e Shën Mëris e Patirion e Rozanit.
Sëmundjet e luftërat bën e vdiqtën shumë gjindja e shumë lërien katundet ku rrijën.
Tekë viti 1470 tek katundi erdhëtin arbëreshët për të dashurin e Zotit e Bizinjanit e Kuntit e Korilanit, Xheronimi Sanseverinit, e zotit e Patirion e Rozanit.
Arbëreshët i dhan katundit emërin Mbuzati, katundi e Buzet, ka mbiemërit e një familje shumë importante atij vend (Buza).
Arbëreshët u lidhën më shumë me gjindiat e vendit kur tekë viti 1539 Pietri Ntoni Sanseverinit, zot e Bisinjanit, u marthua me Erinen, mbesa e Skanderbeut.
Tekë viti 1606 vdes zoti Nikolo Bernardinit, i fundmi e Sanseverinavet, e vendi e dheravet Korilianit, bashkë me Mbuzatin, qenë të shitur Agostinit Saluco, një merkant, çë u be duka e Korilianit.
Te fundi e shekulit XVIII e njerim vitit 1806 zotrat e katundit ishin ata e fëmiljes Mashi e Shën Sofis.
Qisha e Shën Gjergjit Megalomartiri është një qishë ku bashkon pjesë e qishës lëtire me pjesë e qishës bizantinë, nëse lindja e Eparkies e Ungerës. Kjo qish është me stillin barok e shekulit XIII, me tri navata e me di kapele kanjanë me përsipër di gubulla me stilin bizantinë, të mbuluar me qaramidhe shëstisura qerthull. Qisha vlon një ca ikona bizantine, opera e sekulit XVIII si ajo e Lipisies e si ajo e Shën Mëris Skiavones, e shumë shtatulla druri e vitravet ‘700 e ‘800, ndër cilat gjëndet ajo e Shën Gjergjit e ajo e Shën Mëris e Rozarit, e shkollës napullitane, mbrënda ato di kapele cilavet janë dedhikuar. Shumë të bukura edhe shtatullat e Ëngjëllvet çë mbajin Shën Mërin e Shkodrës. Ikonostasa druri e rreallixoj një mjeshtër e vendit, po qiellëza artisti kretis Nikos Giannakakis. Janë pra edhe tri linerë greqisht, më i madhi ndër këta eshtë qarkuar nga një qerthull i madh me symbole e Shënjëtëve.Të kujtuar edhe se këtu u be zot shënjëtori Ëngjëlli ka Akra.
Mbuzat u le Xhulio Variboba (1725-1788), kuj është dedhikuar një monument. Variboba qe një Zot (studhjoj tekë Kolegi Korsini e Shën Benedhitit ku qe edhe drejtori për disa mot), shkrimtar me gjuhe shqip e veprimtar e shumë këngave të bekuar. Variboba është i njohur më shumë për një poemë Jeta e Virgjërores Mëris, shkruajtur me gjuhen e Mbuzatit, pjot me fjalë edhe Kalabrisë edhe Siçilies.
Ndër udhat e Mbuzatit mënd rruani një ca muralëza shumë të bukura, një ca të bënur ka artiste e projetit street art-i e Gulia Urban-es.
Tekë ana e vjetër e katundit, si gjithë katundet arbëreshë, gjënden gjitonit: shëpi shtësisur tundu një shesh. Fjala “Gjitonia” domethënë “vicinato”, ma jo vetëm këton. Është një vend ku lidjen pjesa e shëpivet me jeten e gjindjavet. Gjitonia ish vendi ku bashkëndahëjej, ku gjindjat ndhihëshin njerin me jetrin. Ish si një femilë e madhe e gjitoni ish më se një gjiri, si thot fjala arbëreshe “gjitoni më se gjiri”. Mënd thëmi se gjitonia është si një vend i qellur ka grat.
Ndër shëpit më të vjetëra gjënden edhe një ca pjesa çë mbajin mend të shëtisurat arbëreshë, si dritaret qarkoreja përposh qaramidhëvet.
Gjënden këtu edhe “supportat”, arke e qiellëza çë lidjhëlin di shëpi. Një ndër këta, ajo e shëpis ku u le Varibobi, qe gjithë i bukuruar ka studentet e Universiteti e Tiranës e ka artista shqipëtara.