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- Il Paese di Santa Sofia D'Epirio
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ARBËRESHE 🇦🇱
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UN ARCOBALENO DI COLORI A SANTA SOFIA D’EPIRO: DALLA TRADIZIONE DEGLI ABITI ARBËRESHË ALL’INNOVAZIONE DELL’ARTE URBANA
La storia di Santa Sofia inizia già molto tempo prima dell’arrivo degli Albanesi nel Regno di Napoli nel XV secolo, seguito alla morte del condottiero, assurto ad eroe nazionale, Giorgio Castriota Scanderbeg. È molto probabile che verso l’869 un piccolo gruppo di soldati dell’esercito bizantino, che aveva occupato i territori di Cosenza, Bisignano e Rossano, si sia fermato su queste colline ed abbia dato origine a 5 piccoli abitati; ad uno di questi fu dato il nome di Santa Sofia.
Calamità e pestilenze decimarono drasticamente la popolazione: dapprima l’epidemia di peste a metà del XIV secolo, poi il terribile terremoto del 1456.
Furono gli albanesi provenienti dall’Epiro a ripopolare questi luoghi ormai desolati, intorno al 1472, accolti con favore dal vescovo di Bisignano, Mons. Giovanni Frangipani, che era anche signore di queste terre. Gli albanesi formarono due casali in questo territorio: Santa Sofia e Pedilati. Nel 1543 gli abitanti di Pedilati, per protesta contro le vessazioni fiscali, diedero fuoco alle loro capanne e all’intero villaggio e dopo essersi rifugiati per un po’ di tempo nei boschi si trasferirono nel casale di Santa Sofia.
Il territorio fu feudo dei Sanseverino di Bisignano dal 1517 al 1572, poi dei Milizia e dei Baffa Trasci ed infine tornò in mano ai Sanseverino dal 1689 al 1806.
La specifica d’Epiro fu aggiunta in seguito, con la nascita del Regno d’Italia.
La Chiesa matrice è quella di S. Atanasio il Grande, risalente al 1742. Una chiesa dalla struttura latina (ancora evidente la cornice di pala d’altare in stucco decorato), a navata unica, gradualmente adattata al rito greco-bizantino tra gli anni ’50 e ‘70, con la demolizione degli altari laterali, la costruzione dell’altare centrale a forma quadrata e l’introduzione dell’iconostasi. Le pareti e la volta sono state affrescate negli anni ’80 dal pittore cretese Nikos Giannakakis e negli anni ’90 sono stati realizzati i mosaici dal pittore albanese Josif Droboniku e dal maestro siciliano Pantaleo Giannaccari.
Nella parte bassa del centro storico sorge l’edificio di culto più antico del paese, risalente al IX secolo: la Chiesa di Santa Sofia Martire. Sarebbe stato questo il luogo in cui si insediarono i primi albanesi, che qui trovarono i ruderi di una chiesetta probabilmente costruita dai primi soldati bizantini giunti in queste terre, e la restaurarono dedicandola a Santa Sofia e alle sue tre figlie Fede, Speranza e Carità. All’interno vi sono antichi quadri, icone dipinte da uno ieromonaco dell’abbazia basiliana di Grottaferrata e opere di scuola napoletana, in particolare la settecentesca statua lignea di Santa Sofia Martire.
Nella zona dell’antico casale di Pedilati vi è poi la Chiesa di Santa Venere (in greco Parasceve) del XVII secolo, fatta edificare da una nobile famiglia del luogo, la famiglia Becci, che fino a non molto tempo fa ne esercitava lo ius patronatus. Conserva una tela seicentesca di Santa Venere di scuola napoletana e icone di Droboniku.
La Cappella di S. Atanasio è appena fuori dal centro, su una collinetta. Ricostruita negli anni ’90 in stile bizantino, negli anni ‘50 era stata eretta come una piccola cappella, sorta laddove c’era un’antica nicchia dedicata al santo patrono. È stata interamente decorata da Droboniku, che ha realizzato icone, affreschi e mosaici.
Vicino al Municipio troviamo Palazzo Bugliari, in cui ha sede il Museo del Territorio e del Costume Arbëresh, il Monumento agli Albanesi d’Italia e il Monumento a Pasquale Baffi.
Il Monumento agli Albanesi d’Italia è un’opera realizzata nel 2007 dallo scultore calabrese Angelo Aligia. Si tratta di una sfera dorata ricoperta da un’altra sfera in pietra, simbolo della durezza dei sacrifici che i profughi albanesi dovettero affrontare e della bellezza dell’identità culturale arbëreshe. Accanto c’è anche un’epigrafe con i versi di un antico canto che esprime la nostalgia per la madrepatria.
Santa Sofia è stata la patria del grande grecista e paleografo Pasquale Baffi (1747-1799). Affiliato alla loggia massonica, Baffi partecipò allo sfortunato tentativo rivoluzionario della Repubblica Partenopea, ma fu giustiziato in seguito alla restaurazione borbonica. Fu un grande filologo, studioso della lingua e letteratura greca, nonché poeta.
Santa Sofia ha dato i natali anche al giurista Angelo Masci (1758-1821). Procuratore Generale della Corte d’Appello di Napoli e studioso della storia degli Italo-Albanesi, pubblicò nel 1807 il Discorso sull’origine, costumi e stato attuale della Nazione Albanese. A lui è dedicata la Biblioteca Comunale, che conserva anche tutto il carteggio di Pasquale Baffi con i più grandi grecisti e latinisti d’Europa.
Altro importante personaggio sofiota fu il Vescovo di rito greco Francesco Bugliari (1742-1806), a cui si deve un miglioramento dell’offerta formativa del Collegio di S. Benedetto Ullano, che venne dotato di una ricca biblioteca e di ottimi maestri, come Domenico Bellusci. Fu lui a decidere che il Collegio venisse trasferito presso il convento di S. Adriano a San Demetrio Corone, avendo constatato che il clima malsano di San Benedetto poteva danneggiare i collegiali.
Il centro storico del paese è diviso in due parti: una zona superiore detta Drelarti e una inferiore, detta Drehjimi.
Molti palazzi nobiliari sono stati restaurati, come gli ottocenteschi Palazzo Becci e Palazzo Preite.
Ridimensionato rispetto alla forma originaria, il Palazzo dei vescovi di Bisignano, del XVI secolo, era la residenza estiva del vescovo, che era anche barone di Santa Sofia.
Sulle pareti dei palazzi e delle case del centro spiccano imponenti e colorati murales, realizzati da artisti provenienti da varie parti del mondo, nell’ambito di un festival di arte urbana intitolato “Ylberi – Santa Sofia d’Epiro a Colori”, curato da Gulìa Urbana (un progetto di street art itinerante promosso dall’Associazione Rublanum) in collaborazione con l’Amministrazione comunale. L’obiettivo, pienamente raggiunto, era quello di riqualificare alcune aree urbane, pareti anonime che sono diventate vere e proprie opere d’arte. Le tematiche sono varie, ma alla base c’è sempre il legame con la tradizione e il territorio
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A RAINBOW OF COLORS IN SANTA SOFIA D’EPIRO: FROM THE TRADITION OF THE ARBËRESHË CLOTHES TO THE INNOVATION OF URBAN ART
The history of Santa Sofia began long before the arrival of the Albanians in the Kingdom of Naples in the 15th century, following the death of the leader, who became a national hero, Giorgio Castriota Scanderbeg. It is very likely that around 869 a small group of soldiers from the Byzantine army, who had occupied the territories of Cosenza, Bisignano and Rossano, stopped on these hills and gave rise to 5 small settlements; one of these was given the name of Santa Sofia.
Calamities and plagues drastically decimated the population: first the plague epidemic in the mid-14th century, then the terrible earthquake of 1456.
It was the Albanians coming from Epirus who repopulated these now desolate places, around 1472, welcomed with favor by the bishop of Bisignano, Monsignor Giovanni Frangipani, who was also lord of these lands. The Albanians formed two hamlets in this territory: Santa Sofia and Pedilati. In 1543 the inhabitants of Pedilati, in protest against tax harassment, set fire to their huts and the entire village and after taking refuge in the woods for a while they moved to the hamlet of Santa Sofia.
The territory was a fiefdom of the Sanseverino di Bisignano from 1517 to 1572, then of the Milizia and the Baffa Trasci and finally returned to the hands of the Sanseverino from 1689 to 1806.
The specification of Epirus was added later, with the birth of the Kingdom of Italy.
The mother church is that of Sant’Atanasio il Grande, dating back to 1742. A church with a Latin structure (the decorated stucco altarpiece frame is still evident), with a single nave, gradually adapted to the Greek-Byzantine rite over the years 50s and 70s, with the demolition of the side altars, the construction of the square-shaped central altar and the introduction of the iconostasis. The walls and vault were frescoed in the 1980s by the Cretan painter Nikos Giannakakis and in the 1990s the mosaics were created by the Albanian painter Josif Droboniku and the Sicilian master Pantaleo Giannaccari.
In the lower part of the historic center stands the oldest religious building in the town, dating back to the 9th century: the Church of Santa Sofia Martire. This would have been the place where the first Albanians settled, who here found the ruins of a small church probably built by the first Byzantine soldiers to arrive in these lands, and restored it, dedicating it to Santa Sofia and her three daughters Faith, Hope and Charity. Inside there are ancient paintings, icons painted by a hieromonk of the Basilian Abbey of Grottaferrata and works of the Neapolitan school, in particular the eighteenth-century wooden statue of Santa Sofia Martire.
In the area of the ancient farmhouse of Pedilati there is also the Church of Santa Venere (in Greek Parasceve) from the 17th century, built by a local noble family, the Becci family, who until not long ago exercised the ius patronatus. It preserves a seventeenth-century canvas of Saint Venus from the Neapolitan school and icons from Droboniku.
The Chapel of Sant’Atanasio is just outside the centre, on a hill. Rebuilt in the 1990s in Byzantine style, in the 1950s it was built as a small chapel, built where there was an ancient niche dedicated to the patron saint. It was entirely decorated by Droboniku, who created icons, frescoes and mosaics.
Near the Town Hall we find Palazzo Bugliari, which houses the Museum of the Arbëresh Territory and Costume, the Monument to the Albanians of Italy and the Monument to Pasquale Baffi.
The Monument to the Albanians of Italy is a work created in 2007 by the Calabrian sculptor Angelo Aligia. It is a golden sphere covered by another stone sphere, symbol of the harshness of the sacrifices that the Albanian refugees had to face and of the beauty of the Arbëreshe cultural identity. Next to it there is also an epigraph with the verses of an ancient song that expresses nostalgia for the motherland.
Santa Sofia was the homeland of the great Greek scholar and paleographer Pasquale Baffi (1747-1799). Affiliated to the Masonic lodge, Baffi participated in the unfortunate revolutionary attempt of the Neapolitan Republic, but was executed following the Bourbon restoration. He was a great philologist, scholar of Greek language and literature, as well as a poet.
Santa Sofia was also the birthplace of the jurist Angelo Masci (1758-1821). Attorney General of the Court of Appeal of Naples and scholar of the history of the Italian-Albanians, he published the Discourse on the origin, customs and current state of the Albanian nation in 1807. The Municipal Library is dedicated to him, which also preserves all of Pasquale Baffi’s correspondence with the greatest Greek and Latin scholars in Europe.
Another important Sophian figure was the Greek rite Bishop Francesco Bugliari (1742-1806), who was responsible for an improvement in the educational offer of the College of S. Benedetto Ullano, which was equipped with a rich library and excellent teachers, such as Domenico Bellusci. It was he who decided that the College was transferred to the convent of S. Adriano in San Demetrio Corone, having noted that the unhealthy climate of San Benedetto could damage the students.
The historic center of the town is divided into two parts: an upper area called Drelarti and a lower one, called Drehjimi.
Many noble palaces have been restored, such as the nineteenth-century Palazzo Becci and Palazzo Preite.
Resized compared to the original form, the 16th century Palazzo dei Vescovi di Bisignano was the summer residence of the bishop, who was also baron of Santa Sofia.
On the walls of the buildings and houses in the center stand out impressive and colorful murals, created by artists from various parts of the world, as part of an urban art festival entitled “Ylberi – Santa Sofia d’Epiro a Colori”, curated by Gulìa Urbana (a traveling street art project promoted by the Rublanum Association) in collaboration with the municipal administration. The objective, fully achieved, was to redevelop some urban areas, anonymous walls that have become true works of art. The themes are varied, but at the basis there is always the connection with tradition and the territory.
ARBËRESHE 🇦🇱
NJË RRETH KULLURE SHËN SOFI: NGA TRADITAT E STOLIVE ARBERESHË NJERIM TË REJAT E ARTËS URBANE
Storia e Shën Sofis zë shumë më parë e ardhjes e arbëreshëvet tekë Rregjëria e Napulit tekë shekuli XV, nese vdiqa e Gjergjit Kastriota Skanderbegut. Mënd të jetë se tekë viti 869 një ca lluftare bizantine, çë kishin marr dherat e Kosences, Bisinjanit e Rozanit, u mbjodhëtin te këta bregra ku u lenë 5 katunde të vogëla; një ka këtirve i dhan ëmërin Shën Sofi. Trubullime e epidhemi bin e vdiqëtin shumë veta. E para epidhemi e pestis qe tekë e gjismja e shekulit XIV, pra qe termeti e vitit 1456.
Qenë arbëreshët e Epirit çë mbjuan këta lloqe pa më mosnjeri, tekë viti 1472, të mbjedhur me dashurin e Peshkopit e Bisinjanit, Zoti Giovanni Frangiapani, çë ish edhe zoti i këtire lloqe. Arbëreshët këtu bën di fshata: Shën Sofia e Pedillati. Tekë viti 1543 gjindjat e Pedillatit, kundër takset, i dhan zjarr palerejat e gjith katundit e u shehëtin për një cik motë ndër vushkat par sa të vejin e rrijin tekë fshati Shën Sofis.
Dheu qe i zotravet Sanseverino e Bisinjanit nga viti 1517 njërim vitin 1572, nese e Milizia-vet e Baffa Trasci-vet e pra njëter herë Sanseverinavet nga viti 1689 njërim vitin 1806.
Emëri “Epirit” ja shtuan kur u le Rregjëria e Itallisë.
Qisha e parë është ajo e Shën Thanasit i Madh, e vitit 1742. Kjo është një qish me kurm lëtire e me vetëm një navatë, ndrequr me ritin bizantin ndë mest vitrat ’50 e ’70, kur shtun posht autaret e anevet e bënë një autar ndë mest me dukje kuadhrate e me një ikonostase. Muret e arket qenë bukuruar tekë vitrat ’80 nga piktori kretis Nikos Giannakakis e tekë vitrat ‘90 qenë realixuar mozaikra nga piktori shqipëtar Josif Droboniku e nga mjeshtëri siçilian Pantaleo Giannaccari.
Tekë ana posht e katundit gjëndet qisha më e vjetër e shekulit IX: Qisha e Shën Sofisë Marturi. Mënd të jetë ki lloku ku u mbjodhtin të parat arbëreshë, këtu gjëjtin një ca pjesa e një qish e vogel çë mënd të jetë se e bënë lluftaret bizantiner çë erdhëtin te këto dhera e këta e bënë e re e ja dedhikuan Shën Sofis e të bilët e saj: Besa, Spërënxa e Dhënia. Mbrënda gjënden piktura të vjetëra, ikona të bukuruara nga një zot e abacis baziliane e Grottaferrat-es e opera e shkollës napullitane, si statua druri e Shën Sofis Marturi.
Tekë pjesa e vjetër e fshatit Pedillatit gjëndet Qisha e Shën Veneres (në gjuhe greqisht Parasceve) e shekulit XVII, e dashur nga një famile e zotravet e katundit, famila Becci. Këtu gjënden një oper nga viti 600 e Shën Veneres e shkollës napulitane bashkë me një ca ikona e Drobonikut.
Kapelja e Shën Thanasit gjëndet mbi një breg i vogel, një çikë më jasht të katundit. Bënur e re tekë vitrat ‘90 në still bizantin, tekë vitrat ‘50 u le si një kapele e vogel, këtje ku ish një copë dhe i dedhikuar Shenjtit patron. Ka qenur gjith e bukuruar nga Droboniku, çë realixoj ikona, piktura e mozaikra.
Afër Bashkis gjëndet Pëllaci Bugliari, mbrënda kuj është Muzeu e Stolit Arbëreshë, Monumendi i Arbëreshëvet e Italisë e Monumendi Pasquale Baffi. Monumendi i Arbëreshëvet e Italisë qe i realixuar tekë viti 2007 nga artisti kalabris Angelo Aligia. Është një palez ari mbuluar nga njeter palez guri, simbol e sakrifiçet të ngurta çë arbëreshët shkuan e bukuries e identitetit kullturalle arbëresh. Afër është edhe një të shkruajtur me fjalët e një kënge e vjetër pjot mallë për dheun e mëmës.
Shën Sofia ka qenë shpia e greqistit Pasquale Baffi (1747-1799). Afër një kongregacjon e massonëvet, Baffi muari pjesë te rivoluciona e Republikes Partenopes, ma ka qenë i vrar nga Borbonet. Ka qenë një poet edhe njih shumë mirë gjuhën e letërsinë greqisht.
Shën Sofi u le edhe Angelo Masci (1758-1821). Prokurator e Gjenerall e Kortes Apellit Napul e mësim e stories e arbëreshëvet, publlikoj tekë viti 1807 “Fjalim mbi origjines, veshjes e gjendja nanishme e Kombit Shqipëtar”. Atij është e dedhikuar biblioteka komunalle çë vjon gjithë kartat e Pasquale Baffi-t me më të madhrat greqishtra e lëtirat Europës.
Nga Shën Sofia ka qenë edhe Peshkopi e ritit greqisht Francesco Bugliari (1742-1806), çë bëri më i madh projectinë formimit e Kolexhit e Shën Benedhitit, kuj i dhan një bëgatë bibliotekë e mjeshtëra shumë të mirë, si Domenico Bellusci. Ka qenë ki çë zgjëdhi se Kolexhi do të kish i qellur tekë kuvendi e Shën Adrianit Shën Mitër, pse kish parë se ajiri i keq e Shën Benedhitit mënd bënij dhëme kolexhalëvet.
Ana më e vjetër e katundit është e ndajtur me di pjësa: ana e lart e thonur Drelarti e ana posht, e thonur Drehjimi. Shumë Pëllace zotravët kanë qenur bënë të re, si Pëllaci Becci e si Pëllaci Preite. Më i vogël se si ish mënjëhere, Pëllaci e Peshkopëvat e Bisinjanit, e shekulit XVI, ish shpia e verës e Peshkoput, çë ish edhe baroni Shën Sofis.
Tekë muret e Pëllacëvet edhe shpiavet gjënden murales të madhra e pjot kullure, të realixuara nga shumë artista mbrënda një festivall e artës urban i thënur “Ylberi”, kujdesur nga Gulia Urbana me ndhihmja e bashkis. Qëllimi, i rrënur, ish ai të zbukuruar një ca lloqe katundit. Ndër këto opera mënd shihet lidhja e fort me traditat arbëreshë edhe kallabrisë.